Un racconto giallo: la piccola Giusy

Nel 2002 una piccola bambina della città di New York, di nome Giusy Brown, fu rapita. Le indagini furono affidate al detective John. Nella camera della bambina trovarono tracce di sangue. Il detective decise di farle esaminare. Poi chiamò il suo collega Tyler e disse: “Chiamami i testimoni”.
“Ok”, rispoese il collega.

L’impronta risultava di un uomo di 70 anni, ma i vicini di casa avevano 20 e 30 anni. Poteva averla uccisa il nonno con la complicità della nonna: all’epoca avevano circa 70 anni. Ma poteva anche essere uscita. Le ipotesi erano tante.

Quindi chiamarono i nonni. Andarono, controllarono e, per fortuna, non erano stati loro. Infatti, il nonno George dichiarò che era stato a casa quel giorno. La nonna, invece, aveva un alibi di ferro: era a fare la  spesa e lo scontrino parlava chiaro!

Decisero di controllare se quel giorno fosse uscita. Scoprirono che era andata a casa di una amica, Giulia; le chiesero cosa avessero fatto quel pomeriggio e lei rispose che  erano a casa sua a giocare e che il nonno George aveva accompagnato Giusy ed era rimasto con loro.

Quindi qualcuno stava mentendo: il nonno non era rimasto a casa tutto il tempo. Il detective decise di accusare George, ma non aveva le prove! In seguito notò che le scarpe che portava George erano simili alle orme rilevate, perciò tenendo conto di questo chiese a George: “A che ora Giusy è rientrata a casa?”. George rispose: “Verso le 3 – 3.30”. Il detective aveva così le prove per incolparlo definitivamente: l’ora del decesso, infatti, era intorno alle 2.30, la nonna era a fare la spesa, le impronte erano di un uomo e il nonno aveva chiaramente mentito sia sul fatto che era rimasto a casa, sia sull’ora del rientro di Giusy, pensando di poter nascondere il tempo che ci aveva messo a modificare la scena del crimine.

Il nonno fu messo in prigione ma ci domandiamo perchè l’avesse uccisa. Purtroppo il movente, a tutt’oggi, non c’è.
Alexandra Bartoloni, Roberta Cefis e Nicolò Tommasi, Carolina Giangregorio.

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