L’origine dei detti (parte quinta)
In questa quinta parte dell’origine dei detti andremo a scoprire i motivi per cui vengono utilizzati: “Occhio per occhio, dente per dente” e “Menare il can per l’aia”.
“Occhio per occhio, dente per dente”
“Occhio per occhio, dente per dente” viene utilizzato al giorno d’oggi per riferirsi ad una persona che subisce un danno provocato da qualcuno e per vendicarsi lo danneggia in egual misura. Ma qual è l’origine di questo detto?
Il detto ha origini molto antiche, infatti esprime gli stessi ideali di un vecchio principio giuridico, conosciuto come Legge del taglione. Questa si presenta per la prima volta all’interno dell’antico testamento (nel libro dell’esodo). Il principio della legge del taglione fu adottata da civiltà antiche:
- Dai babilonesi all’interno del codice Hammurabi, in cui la pena riservata ad alcuni reati, consisteva nello stesso reato commesso che veniva ritorto al condannato. È qui che la legge del taglione si presenta per la prima volta.
- Nel diritto islamico, venne adottato ai tempi di Maometto e ancora oggi lo è in Arabia Saudita. Questo viene accompagnato dalla diya, che in arabo significa “prezzo del sangue”: si può pagare un risarcimento per evitare la pena, questo però può avvenire solo se chi ha subito le azioni del condannato, accetta la diya.
- Dalla cultura Maori nel Maori Utu, in cui la legge del taglione viene utilizzata come una vera e propria vendetta verso il condannato.
- Dagli Antichi Romani nella Lex Talionis, in cui vengono differenziate le pene in base ai crimini compiuti.
“Menare il can per l’aia”
“Menare il can per l’aia” è un detto che viene, ancora oggi, utilizzato per dire che una persona continua a parlare di un argomento senza mai arrivare al dunque e tergiversa o cerca di distogliere l’attenzione da un argomento sgradito.
Anche questo detto ha origini antiche, come si può notare dai due termini ormai inutilizzati: “menare”, che in questo caso sta a significare “condurre” e “aia” che era il giardino all’interno delle fattorie. Infatti nelle fattorie per la battitura del grano, lo si lasciava nell’aia e vi venivano condotti gli animali più pesanti che dovevano pestare il grano. Perciò “menare” ovvero “condurre” il cane per l’aia non soddisfaceva il bisogno perché questi non abbastanza pesante e, quindi, una cosa inutile.
Alessandro Lazzari