Foto al finestrino

Laboratorio di fotografia a cura dei proff. Giulio Castellani e Mariangela Cifarelli

Non possiamo conoscere nulla d’esterno a noi scavalcando noi stessi – egli pensa ora – l’universo è lo specchio in cui possiamo contemplare solo ciò che abbiamo imparato a conoscere in noi. Italo Calvino, Palomar

Il 7 maggio 2015 è partito un nucleo di esploratori, composto da un gruppo di allievi della scuola Santomauro, che ha (de)scritto e realizzato un percorso per la città, quella che non incontriamo nei nostri consueti spostamenti ma nella quale ci imbattiamo solo per un imprevisto, per uno sguardo spostato dalla strada segnata. O per un preciso volere. Un percorso che lo sguardo fotografico dei ragazzi ha descritto attraverso la ricerca di un tema, declinato in diversi “punti di vista”, tanti quanti erano i ragazzi e il loro modo di guardare la città: il confine, il margine, il profilo della città costruita e quella indecisa. Spazi affascinanti, spesso difficili da rappresentare ma dei quali, proprio attraversandoli, si riscatta il diritto all’esistenza, al carattere indefinito e metamorfico, custodi di nuove e diverse relazioni con la natura e tra gli uomini. La strada non poteva che essere camminata: camminare produce luoghi e implica una diversa percezione degli spazi e dei suoi significati. I ragazzi avrebbero dovuto perdersi nella città, lasciando che il rapporto di dominio non fosse univoco, che non fosse solo il soggetto a controllare lo spazio, mappandolo, ma lo spazio a dominare loro: lasciandosi guidare da segnali emotivi, i ragazzi hanno disegnato una mappa esperienziale, creando nuovi punti di riferimento (che riconosceranno ogni volta che ripercorreranno quella strada o che useranno per orientarsi in una nuova) e dando un valore nuovo e diverso a parti di paesaggio urbano. La loro personale geografia delle emozioni è diventata quella di tutti, quella in cui, ognuno di loro ha riconosciuto se stesso e le proprie (emozioni) o, anche, delle nuove, mai provate. Su un pezzo di città usualmente mappato da Google, hanno sovrapposto il loro “sistema di rappresentazione”: così vicino a quello delle mappe nomadi, da spostarsi sulla terra senza lasciare traccia del loro andare; così simile alle mappe dei villaggi rupestri della Val Camonica, nelle quali si disegnavano le dinamiche di connessione della vita quotidiana attraverso un complesso sistema di linee a connettere uomini in attività, sentieri, scale, capanne, palafitte, campi recintati, zone per il bestiame; così evocativo come quello dei percorsi dei Walkabouts australiani che “diedero un nome al pozzo, ai canneti, agli eucalipti” e che percorsero tutto il mondo cantando i fiumi, le catene delle montagne, le saline e le dune di sabbia; così divertente come le mappe psicogeografiche dei Situazionisti che, investigando gli effetti psichici che il contesto urbano esercitava sugli individui, hanno creato un’arte collettiva in uno “spazio estetico”.

Mariangela Cifarelli

 

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